Alla fine dell’avventura le nostre inviate Ariel Conta e Vittoria Villa hanno rielaborato queste giornate di proiezioni e incontri, di film e libri, di scrittori e filmmaker, attraverso otto parole chiave. Buona lettura e appuntamento al prossimo anno.

di Ariel Conta e Vittoria Villa

Famiglia
Famiglie in faida, famiglie distrutte, famiglie destinate alla perdizione. Questa edizione del Noir in Festival ha visto lo sviluppo e l’annientamento di relazioni, specie tra consanguinei. A partire dai film premiati: dallo spietato ritratto di un nucleo famigliare depravato in Una Femmina di Francesco Costabile (Premio Caligari, Menzione Speciale 2022), alla famiglia protagonista di Piove di Paolo Strippoli (Premio Caligari 2022, Miglior film), prossima al collasso. Legami messi in discussione anche nei celebri romanzi di Harlan Coben, che si pone il quesito: fin dove si è disposti a spingersi per salvare la propria famiglia? Per giungere infine alla famiglia come perdita, nucleo del nuovo e atteso romanzo di Maurizio De Giovanni, Caminito.

Violenza
La violenza appare come una prerogativa del genere noir. E i gialli, presentati durante questa edizione del Festival, non si tirano certo indietro di fronte a questo topos letterario. Basti pensare alle «morti impossibili», terreno di indagine di Lolita Lobosco, protagonista della serie letteraria firmata da Gabriella Genisi. Oppure il delitto seguito da Nives Bonora, ispettrice nata dalla penna di Cinzia Bomoll. Anima anche film come Ti mangio il cuore, in cui emerge la furia vendicativa di due nuclei famigliari che conoscono solo la violenza come possibile forma di rivalsa. O, ancora, l’aggressione subita dal protagonista di Ero in guerra ma non lo sapevo, che alla violenza ricevuta, risponde con una violenza ancora più efferata. La brutalità umana, in tutte le sue forme, non resta celata.

Femminilità
Femme fatale, donne sull’orlo di una crisi di nervi, madri e femmine ribelli. Questa edizione del Noir ha lanciato nuove, affascinanti sfumature della femminilità. L’attrice Lidia Vitale ha incarnato più volti di questa prospettiva, regalando due performance (in Ti mangio il cuore e Ghiaccio) che attingono dall’oscurità dell’animo umano per fuoriuscire. Donne alla guida, il cui sangue freddo permette di affrontare terribili delitti, come accade al tenente Valentina Redondo, protagonista di Quel che la marea nasconde di Marìa Oruña. Donne-sante, capaci addirittura di mettere in discussione lo studio system hollywoodiano, come il personaggio femminile chiave del testo firmato dal maestro del cinema Orson Welles, Miracolo a Hollywood. Infine, la femminilità che dà titolo e corpo alla menzione speciale del premio Caligari, Una Femmina di Costabile, che ha il volto deciso e risoluto di Lina Siciliano.

Realismo
La finzione è uno strumento per leggere la realtà. Lo sa bene Vicente Vallés, alle prese con il suo primo romanzo, Operazione Kazan, che condensa realismo storico e spionaggio. Ne era ben consapevole il regista Jules Dassin, omaggiato dalle parole di Adrian Wootton, che con il realismo come elemento fondante del suo lavoro, ha cambiato le regole del cinema noir. Il realismo nel cinema è anche di vitale importanza nelle pellicole finaliste del Premio Caligari: dalla Sardegna alla Puglia, dalla Calabria alla Lombardia, compiamo un viaggio nell’Italia di ieri e oggi, dove il realismo diventa centrale per dar vita a personaggi attraverso cui è possibile leggere il contesto storico e culturale che li circonda. Un mondo a volte oscuro e arcano, ma anche affascinante perché non distante da quello che viviamo sulla nostra pelle.

Spazio
Percorso a grandi passi o con dolce mollezza, sulle orme di un killer o della donna amata e perduta: i personaggi che abitano le opere presentate in quest’edizione del Festival si sentono profondamente calati nello spazio, il quale diventa correlativo oggettivo della loro interiorità. Un sentire i luoghi che ci riporta ai flaneur e alla psico-geografia, tratteggiando una mappa in cui è dolce perdersi. Le ambientazioni di queste storie noir sono reali, città di carne e di carta che ci invitano a essere esplorate, portandoci al di fuori dalle nostre case e dal reame del conosciuto. La Torino di Fuoco, romanzo di Enrico Pandiani vincitore del Premio Scerbanenco, si affianca all’Emilia che Cinzia Bomoll racconta ne La ragazza che non c’era: due romanzi esemplificativi della sospensione del noir tra natura e cultura. Si tratta di un lavoro di pietra pomice, quello operato dagli autori noir contemporanei, i quali affilano la lama del genere per trafiggere la bolla confortevole che ci siamo costruiti nei due anni passati.

Isolamento
Se l’assenza di distanza non è necessariamente vicinanza, allora è anche vero il contrario: la mancanza di contatto non deve per forza rappresentare un distacco. Su questo confine labile giocano molte delle opere noir contemporanee, in particolare alla luce degli anni di pandemia che dal passato recente ancora stagliano qualche ombra imperterrita. Tra libri nati e scritti in lockdownIl mistero della torre del parco di Luca Crovi e La calda estate del commissario Casablanca di Paolo Maggioni – e le opere i cui personaggi si ritrovano a loro volta isolati, tagliati fuori – il delitto a camera chiusa in Quel che la marea nasconde di Marìa Oruña o anche la claustrofobia che si avverte in Piove di Paolo Strippoli –, l’ambiente casalingo diventa il catalizzatore che da una parte è in grado di far esplodere la creatività, dall’altra si fa torchio che applica pressione sull’individuo fino al punto di rottura. Dunque, un «Io» ipertrofico che, come le particelle in un gas, si scontra con altri «Io» possibili – immaginati o fisicamente presenti –, creando una reazione chimica destinata a essere esplosiva, nel bene e nel male.

Suono
Una lama che fende l’aria, uno sparo, vetri infranti. Passi secchi sull’asfalto bagnato, voci sinuose come petali e letali come veleno. Questi i suoni classici del noir, che echeggiano da una parte all’altra del nostro immaginario riempiendoci i sensi. Le opere di quest’anno non sono da meno, tuttavia rappresentano una variazione su un tema che ormai ci appartiene come i tessuti del nostro corpo. Un esempio è il tango Caminito, che profuma la narrazione del romanzo omonimo di Maurizio de Giovanni con le sue note ricche e fuggenti, evanescenti quasi come le colonne sonore che Raf Keunen ha realizzato per Piove, il film di Paolo Strippoli. Tra suoni di ieri ed echi del domani, quella che ci troviamo davanti è una partitura che designa un genere il cui suono riverbera come un Do minore, tanto enigmatico quanto definitivo.

Immagine
Noir: una parola che, quando pronunciata, rotola pigramente sulla lingua, lasciando nell’aria quella R sfumata proprio come il genere che descrive. Una parola difficile da tradurre in immagine, dalla fisionomia ambigua e che cela in tale polimorfismo il suo potere fascinatorio. La questione di donare un’immagine al noir è tornata prepotentemente sul tavolo, in particolare in relazione agli adattamenti di opere letterarie che appartengono al nostro patrimonio culturale. Paolo Bacilieri, firma dietro al manifesto dell’edizione di quest’anno, ne ha discusso in merito alla traduzione in fumetto del romanzo di Scerbanenco, Venere Privata, mentre Harlan Coben e Donato Carrisi hanno appassionato il pubblico raccontando le vicende dietro agli adattamenti in film o serie televisive dei loro romanzi. Ad ogni modo, sempre l’immagine, che intesse con la parola una relazione elettrica che non può che farci scattare il colpo di fulmine verso un genere ancora tutto da raccontare e da immaginare.