Io, Carol e Orson

Rivedere Il terzo uomo in versione restaurata su grande schermo è un'esperienza raccomandabile. Rivedere Il terzo uomo e poi ascoltare Angela Allen, la allora giovanissima segretaria di edizione di quel capolavoro, che racconta alcuni aneddoti della lavorazione del film è un'esperienza da non perdere. E a Como nella prima giornata del Festival, entrambe le cose, proiezione e incontro con Angela Allen, sono puntualmente avvenute.

Sollecitata dalle domande di Adrian Wootton (autentico cultore del film), Allen ha parlato di quanto sia stato importante per lei lavorare con Carol Reed, della sua presenza sul set e, soprattutto, di Orson Welles perché, sebbene entri in scena dopo un'ora, le voci in merito all'impegno profuso nell'interpretazione e quelle sul suo presunto ruolo di regista occulto, hanno contribuito ad alimentare miti e leggende intorno a Il terzo uomo.

«Ero all'inizio della mia carriera - ha esordito Allen -, avevo diciotto o diciannove anni. E ho imparato molto lavorando su quel set. Reed è stato il mio mentore, mi ha insegnato tantissimo».
«In questo film - ha proseguito -, ho lavorato per la seconda unità, quella che ha girato nelle fogne, e quindi sono stata la maggior parte del tempo lì sotto, e poi la famosa scena della ruota panoramica del Prater con Orson Welles e Joseph Cotten, occupandomi di tutti controcampi. In quella ruota ho passato circa due settimane. All'epoca non avevamo effetti speciali e tutto andava creato sul posto, compresi i passanti che entravano in campo».

E poi è arrivato il momento di parlare di Harry Lime, ossia del "primo uomo".
«Orson Welles è arrivato tardi sul set. Hanno dovuto rincorrerlo un po' per tutta Europa. Pareva che fosse a Parigi e allora erano andati a prenderlo, però nel frattempo si era spostato a Roma e così via. Prima che arrivasse, Guy Hamilton, che era l'assistente di Reed, ha fatto da controfigura perché era necessario girare la scena dell'ombra sulla strada. E siccome Guy era molto più magro di Orson, Reed gli mise una gruccia nel cappotto».

«La prima scena che ha girato - ha continuato Allen - è quando arriva alla ruota panoramica per incontrare Holly, il personaggio interpretato da Cotten. In quel caso furono necessari solo un paio di ciak, perché non erano previsti dialoghi. Quando arrivò il momento di scendere nelle fogne, trovò una parte della troupe che mangiava panini. Quella cosa gli risultò così disgustosa da andarsene immediatamente. Per qui tutte quelle scene furono ricostruite a Londra in un teatro di posa o girate con una controfigura».

Sul presunto intervento di Welles nella direzione del film, Allen ha smentito tutte le illazioni e leggende: «Guy Hamilton, che era molto vicino a Reed, ha sempre detto che queste erano tutte storie inventate. E poi si può capire anche vedendo il film. Welles compare dopo un'ora. Lui non era proprio sul set».

In chiusura, Wootton ha chiesto se Allen conservasse un particolare ricordo di quell'esperienza: «Guardando indietro a quell'epoca - ha risposto Allen -, ripenso alla guerra appena finita e al mio primo lavoro e anche al mio primo viaggio all'estero. Poi, ovviamente, alla collaborazione con Carol Reed che come ho già detto è stato il mio mentore. Non conservo nella mia memoria una scena sul set in particolare. Ricordo invece un'immagine quando giravamo nelle fogne. Un cameriere vestito di nero col suo grembiule e il suo vassoio d'argento che scende le scalette della fogna per portare il caffè a Carol Reed. Per me quella è una scena indimenticabile»!
 

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