La direttrice del Noir, Marina Fabbri, ricorda Ranieri Polese, giornalista e autore di saggi nonché storico collaboratore del Noir in Festival

Non riesco ancora a credere che Ranieri Polese Remaggi non sia più tra noi, tanto vitale era la sua presenza, tanto necessaria per noi del festival la sua amicizia, che ci ha permesso un confronto continuo con la sua saggezza e competenza ma anche con la sua ironica e sapiente leggerezza.

Ranieri lo conoscemmo all’inizio “da lontano”, come giornalista e autore di saggi, nonché responsabile della pagina culturale del “Corriere” a cui, come tutti quelli che organizzano festival, rompevamo le scatole per tramite dei vari uffici stampa affinché si occupasse dei nostri autori per il suo giornale. Fu naturale per noi invitarlo e cercare di sedurlo, vista la sua passione per il genere e per il cinema. Come autore dell’Almanacco Guanda 2007 dedicato al Complotto, non poté che essere lui a condurre il nostro convegno a Courmayeur, l’anno successivo, dedicato appunto alla “Passione del complotto”, a cui parteciparono Aldo Giannuli, gli scrittori Patrick Fogli e Sergio Altieri, Giorgio Boatti e Fabrizio D’Alessio, Maurizio Torrealta e il fisico Emiliano Del Giudice. L’anno dopo, nel 2009, ebbi la fortuna di conoscerlo più da vicino quando venne scelto da Marco Müller come selezionatore per la Mostra del Cinema. Io ero a Venezia come giornalista di Raisat, la TV ufficiale, e abitavamo nello stesso albergo del Lido. Facemmo subito amicizia, avevamo in comune l’amore per il cinema e per la letteratura di genere, una certa allergia alle etichette e all’accademia, una decisa propensione alla commistione tra cultura alta e bassa. Gli chiesi di “far parte della famiglia del Noir” ed ebbi la gran fortuna di ottenere la sua adesione. Da quel momento non ci ha più lasciati, e il festival è diventato più ricco.

In quello stesso 2009, a venti anni dalla morte di Leonardo Sciascia, Ranieri condusse per noi un altro incontro dedicato al Post Noir, a cui parteciparono Gaetano Savatteri, Gianni Biondillo, Mariolina Venezia, Paolo Repetti, Leonardo Padura Fuentes, Matt Haig e James Sallis. Nel 2011 fu “suo” il convegno sull’Apocalisse che ci sembrò inevitabile alle soglie di quel 2012 segnato dalla fatidica quanto fallace (per fortuna) profezia Maya sulla fine del mondo. Ranieri condusse una fantastica conversazione con ospiti tanto diversi quanto decisamente assertivi come Davide Dileo (Boosta), Tullio Avoledo, Antonio Scurati, Gianni Canova e il fisico nucleare-scrittore Federico Tavola.

Tra un convegno e l’altro, lo convincemmo a presentare i nostri scrittori, in conversazioni che non erano mai scontate, sia che si trattasse di maestri internazionalmente acclamati come Don Winslow, o di autori di genere tanto diversi come Evan Wright, Massimo Carlotto, Donato Carrisi, Gianrico Carofiglio e Antonio Moresco, Maurizio De Giovanni, Matteo Strukul, Marco Vichi, Friedrich Ani, Bernard Minier, per citare solo quelli che ricordo a memoria. Nel 2014 condusse una memorabile conversazione con Dario Argento sul suo libro autobiografico, nessuno meglio di lui avrebbe potuto attraversare la storia del cinema di genere degli anni ’60 e ’70 insieme a Dario Argento! Per poi passare, nella stessa edizione del festival, a cercare il bandolo della matassa di una fervente discussione tra scrittori di noir italiani di razza come Lucarelli, Colaprico, Dazieri, Fois, Pandiani, Tura, sulle sorti di un genere finanche troppo fortunato e popolare.

Ranieri era sempre disponibile e pronto a dispensare i suoi preziosi consigli, e non si tirò indietro nemmeno di fronte alla nostra accorata richiesta di entrare a far parte della giuria del Premio Scerbanenco, nel 2016. Fin da subito la sua presenza si fece sentire, anche soltanto per scegliere dalla cinquina finalista il romanzo che avrebbe meritato il premio. I suoi giudizi, sempre analitici e puntuali sui romanzi concorrenti, la sua capacità di coniugare erudizione e sensibilità nel cogliere le emozioni espresse in opere che con le emozioni giocano fino in fondo, come sono i noir, trasformavano le discussioni di giuria in un momento di appassionata lezione di letteratura. Trovavo in lui sempre un fedele alleato, capace di cogliere le esigenze diverse e multiformi di un festival, che ha bisogno di comunicare cultura in modo appassionante, di affascinare facendo pensare, senza trascurare l’ironia e anche la risata beffarda o liberatrice se serve. Ranieri faceva vibrare tutte queste corde, nessuna esclusa.

No, il festival non sarà mai più lo stesso senza Ranieri e oggi il mio cuore è triste, perché piango un amico e noi tutti del Noir perdiamo un eccellente collaboratore. Di un’altra, ultima cosa vorrei ringraziare Ranieri: di avermi fatto conoscere la deliziosa Marie Hélène, sua moglie, compagna e alleata di tanti anni, una persona bella come lo era lui, che spero continui a seguirci come prima e che tutti noi del Noir oggi abbracciamo con forza e affetto.

Marina Fabbri