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  Michael Connelly, un erede legittimo  
 
autore
Michael Connelly
un articolo di Maxim Jakubowski

Il Raymond Chandler Award viene spesso e giustamente assegnato a uno scrittore di libri thriller e del mistero, per premiare il lavoro di una vita, come tributo a un talento inconfondibile e al suo contributo al genere letterario, come ricompensa di una carriera sfolgorante. Quest’anno, però, il premio andrà a un autore tutt’ora all’apice della sua attività, che prevede di regalare nuovi capolavori negli anni a venire. All’età di 54 anni, Michael Connelly è ancora giovane e decisamente produttivo, avendo pubblicato almeno un libro all’anno nell’ultimo decennio e oltre. Non solo è un degno vincitore del Raymond Chandler Award, ma a mio avviso è anche un degno erede di Chandler, autore di cui ha seguito le orme non solo nel descrivere l’ammaccata nobiltà dei suoi personaggi ma anche nel modo in cui infonde nuova vita alla città di Los Angeles, nei suoi avvincenti romanzi.   Michael Joseph Connelly è nato il 21 luglio 1956 a Philadelphia, dove ha trascorso i primi undici anni della sua vita. Fin da bambino ha nutrito interesse nei confronti del mondo del crimine, sia grazie alla nutrita biblioteca di sua madre in cui Connelly scoprì Christie e Conan Doyle, sia a causa di una sparatoria alla quale assistette per caso da ragazzo, un episodio che produsse un profondo effetto su di lui. La sua famiglia in seguito si trasferì a Fort Lauderdale, in Florida, dove Connelly trascorse il resto della sua giovinezza, prima di laurearsi in giornalismo presso la University of Florida. Qui, grazie al suo mentore, l’autore Harry Crews, conobbe le opere di Raymond Chandler, e scoprì la passione per la scrittura. Dopo l’università lavorò come reporter; ma a differenza di molti altri colleghi che come lui sono diventati scrittori, Connelly si rese conto che le indagini nel mondo del crimine avrebbero costituito il migliore apprendistato per diventare scrittore di gialli e quindi si specializzò in giornalismo. Iniziò come reporter a Fort Lauderdale e a Daytona Beach. Nel 1985 realizzò un servizio sul disastro aereo del Delta Flight 191, intervistando diversi sopravvissuti. Un successivo articolo basato sulla sua inchiesta fu nominato al Pulitzer Prize e presto Connelly fu assunto come giornalista di cronaca nera dal «Los Angeles Times». Molti dei suoi articoli sono raccolti nella Crime Beat Collection.   Il suo primo romanzo, The Black Echo (La memoria del topo), pubblicato nel 1992, si ispira a un omicidio che ebbe luogo il giorno dopo il suo arrivo a Los Angeles. Nel libro compare Hieronymus ‘Harry’ Bosch, il personaggio più famoso creato da Connelly, un poliziotto di L.A. ossessionato dal suo passato in Vietnam, attraverso il quale Connelly descrive la solitudine e la disperazione della vita in una città violenta, decadente e surreale come Los Angeles, che in un certo senso è l’incarnazione del quadro Il giardino delle delizie dipinto dall’olandese Bosch, al quale Connelly deve il nome del suo protagonista. Inizialmente non era previsto un seguito del romanzo, ma dopo aver vinto l’Edgar Award, il premio per i Mystery Writers of America, Connelly fu incoraggiato a sviluppare questo personaggio e a dedicarsi completamente alla carriera di romanziere, accantonando il giornalismo. Dopo The Black Ice (Ghiaccio nero, 1993) e The Concrete Blonde (La bionda di cemento, 1994), Connelly concluse la serie con The Last Coyote (L’ombra del coyote, 1995) e in seguito scrisse un thriller ‘isolato’ dal titolo The Poet (Il poeta, 1995). Tuttavia la quarta avventura di Harry Bosch riscosse un tale successo, da indurre lo scrittore a proseguire la serie, che infatti ora consta già di sedici volumi.   The Poet ha superato ogni aspettativa: nel dare vita a un serial killer originale e particolarmente inquietante, trova un eroe involontario in Jack McEvoy, un giornalista impigliato in un misterioso caso da risolvere al fianco di una squadra scelta dell’FBI. McEvoy forse è il personaggio più vicino al cuore di Connelly, nel modo in cui gli consente di rappresentare la professione giornalistica e la sua evoluzione negli Stati Uniti; il personaggio riappare nel 2009 in The Scarecrow, insieme ad alcuni conflittuali e ambigui funzionari della legge di The Poet. Tuttavia i libri di McEvoy sono anche splendidi thriller dalle trame labirintiche che si dipanano tra ritmi mozzafiato e altissima suspense; essi costituiscono il lato migliore e più intuitivo di Connelly, talvolta persino inaspettatamente sentimentale, nel modo in cui descrive gli amanti sospesi fra l’impulso amoroso e il senso del dovere. Con i romanzi di Harry Bosch, Connelly ha collezionato quasi ogni premio negli Stati Uniti e in tutto il mondo, aggiungendo nuovi, interessanti personaggi al suo universo. Primo fra tutti, Terry McCaleb, il poliziotto in pensione dal cuore malandato che fa il suo ingresso in Blood Work (Debito di sangue, 1998) e che è anche il primo fra i personaggi di Connelly ad aver raggiunto il grande schermo grazie a Clint Eastwood, che ne veste i panni in un film da lui stesso diretto che purtroppo non è tra i suoi migliori. McCaleb è apparso in altri due libri prima di restare ucciso in The Narrows (Il poeta è tornato) ed essere vendicato postumo da Harry Bosch stesso. Un altro noto personaggio di Connelly è l’avvocato Mickey Haller, che in The Lincoln Lawyer (Avvocato di difesa, 2005) ha un vero e proprio ufficio all’interno della sua automobile, e che alla fine si rivela il fratellastro scomparso di Harry Bosch. Nei romanzi successivi i due iniziano a collaborare con una certa cautela, e questo consente a Connelly di analizzare i casi da lui descritti sia dal punto di vista poliziesco che legale, così come accade nel suo romanzo più recente, The Reversal (2010). Malgrado il loro straordinario successo, i libri di Connelly non sono ancora mai diventati dei film; infatti, l’ipotesi di Harrison Ford nei panni di Harry Bosch così come tutte le altre idee di eventuali casting, non sono mai andate a buon fine. Solo la recente proposta di Matthew McConnaughey nel ruolo di Mickey Haller sembra destinata a svilupparsi concretamente, augurandoci che questa imminente produzione dia finalmente il via a una serie di versioni cinematografiche dei romanzi di Connelly. Non che l’autore sia stato finora estraneo al cinema: per diversi anni ha collaborato con l’amico scrittore di gialli e filmmaker Terrill Lankford, producendo mini-movies pubblicitari dei suoi libri disponibili sul suo sito web e su quello dei suoi editori statunitensi.   I romanzi successivi delineano maggiormente i personaggi di Connelly, approfondiscono i loro legami familiari, sviluppando l’interazione fra loro, indagando sui loro problemi e creando insoliti contatti e confronti fra i vari protagonisti, spesso positivi, talvolta negativi. Sia Bosch che Haller hanno figli, ex mogli, fidanzate, famiglie complicate, situazioni che accentuano il realismo dei romanzi e che consentono un’ulteriore identificazione da parte del lettore, al di là degli impeccabili meccanismi della trama. Inoltre, la stessa Los Angeles (come in Chandler) è un elemento primario in quasi tutti i libri di Connelly: Bosch, Haller e gli altri si muovono fra le sue strade pericolose, evidenziando il contrasto fra i quartieri dei ricchi e quelli dei poveri, raccontando la sua corruzione, il suo fascino, la sua storia frastagliata. Per quanto riguarda le sue fonti di ispirazione, Connelly non manca mai di citare Chandler, di cui predilige The Little Sister (La sorellina), nonché la versione di Robert Altman di The Long Goodbye (Il lungo addio), che vide per la prima volta nel 1972 e che costituisce una delle pietre miliari alla base della sua vocazione di narratore.   Uno degli aspetti più affascinanti dell’evoluzione della scrittura di Michael Connelly, mentre la sua carriera avanza e il successo dei suoi libri gli dà vera e propria carta bianca per scrivere di tutto ciò che desidera, è il modo in cui le considerazioni politiche e sociali affollano sempre più le pagine dei suoi libri: gli eccessi della Sicurezza Interna Statunitense (US Homeland Security) in seguito all’11 settembre (The Overlook – La città buia), la diffusione di Internet a scapito della carta stampata, la burocratizzazione del Los Angeles Police Department (in City of Bones – La città delle ossa, 2002, Bosch arriva addirittura a dimettersi dal suo incarico di detective e nel corso di qualche romanzo diventa investigatore privato). In 9 Dragons, Bosch si reca a Hong Kong dove sua figlia è stata rapita: lì si trova a confronto con una società assai diversa, in cui i suoi modi maldestri, che spesso ricordano quelli di John Wayne, non sono apprezzati come negli Stati Uniti e si vede quindi costretto a riconsiderare molti dei suoi principi. Nei libri di Connelly ricorre il noto avvertimento di Nietzche: «Colui che combatte contro i mostri deve stare attento a non diventare anche lui un mostro. Se si fissa costantemente l’abisso, l’abisso inizia a fissare te». Quando si ha a che fare con i mostri della società, suggerisce Connelly, si corre effettivamente il rischio di diventare un mostro. Ciò è evidente in Harry Bosch che, nonostante non sia un mostro, è ormai un relitto dal punto di vista emotivo e spesso teme di essere diventato ciò a cui fortemente si oppone. Connelly è giustamente elogiato per le sue trame complesse, i finali a sorpresa, per la chiarezza e la forza della sua scrittura, uno stile che ha avuto modo di sviluppare nel corso dei suoi reportage. Connelly è noto per le ricerche che svolge per i suoi romanzi; il particolare livello di realismo raggiunto nei suoi libri è frutto non solo di anni di esperienza nel campo giornalistico, bensì anche di approfondite indagini nel campo della medicina legale, della tecnologia, delle autopsie, delle armi, della musica jazz e di qualsiasi argomento sia necessario alle sue trame. Persino il più piccolo dettaglio è studiato con cura e fornisce un acuto e intenso senso della realtà, rappresentata dalla labirintica topografia della vasta area di Los Angeles, particolarmente vivida e globale. Si potrebbe affermare che tale è la velocità con cui si è trascinati nella lettura di un thriller di Michael Connelly, a prescindere dal quale sia il personaggio principale della storia, che il suo stile asciutto e pulito diventano quasi un’assenza di stile. Non solo ciò non è affatto vero, ma, al contrario, è un segno di  massima abilità e professionalità. Una caratteristica evidente anche nella persona di Michael Connelly: tranquillo ma conviviale, brillante ma modesto, consapevole del suo valore ma sempre disponibile; tutte le volte che l’ho incontrato negli ultimi venti anni, Connelly ha confermato di essere uno degli scrittori più simpatici del genere ‘crime fiction’. Eredita a pieno diritto il testimone di Raymond Chandler in qualità di uno dei grandi autori del genere del crimine e del mistero.
 
 
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