NOIRMENU 2011  
Edizione 2012
 
• Home  
• News  
• Photogallery  
• Programma  
• Cinema  
• Letteratura  
   
 
  Le mafie e le alluvioni
Federico Varese e Antonio Scurati
 
 
 09/12/2011 
«Credo che la prossima grande inchiesta di Mafia avrà come scenario la Valle d’Aosta. Non posso dire niente, ma ho questa impressione». Chi parla è Federico Varese, uno dei più noti mafiologi, professore universitario a Cambridge, e autore di Mafie in movimento, un libro che cerca di esplorare le forme e le ragioni per le quali le Mafie si spostano dai loro luoghi originari: «non sempre la Mafia emigra per ragioni economiche, in Italia, per esempio, una delle cause delle penetrazione della organizzazione criminale al Nord, sono stati i soggiorni obbligati. Ma non sempre la mafia riesce ad attecchire in luoghi diversi da quelli nei quali è nata. In Italia abbiamo per esempio, i casi di Bardonecchia e Verona. Nel primo caso uno dei boss di Gioiosa Jonica è riuscito a inserirsi nel tessuto produttivo della cittadina, grazie al boom delle seconde case e al mercato delle braccia. È riuscito, cioè, a fornire un sistema di assistenza alla società del luogo, offrendo manodopera non sindacalizzata e a prezzi bassi, e impedendo, inoltre, alle ditte non locali di inserirsi in questo mercato. E questo nonostante che un grande e poco conosciuto eroe dell’Antimafia, il sindaco Rocco Lo Presti, abbia cercato in tutti i modi di opporsi a questa situazione. Di stampo opposto l’esperienza di Verona, dove negli stessi anni un boss della stessa famiglia ha cercato vanamente di entrare nel mondo dello spaccio della droga, senza riuscire a scalzare la criminalità locale che dei servigi della mafia non sapeva che farsene. Non è la prima volta che succede una situazione simile. Alla fine dell’Ottocento, per esempio, abbiamo assistito a diversi tentativi mafiosi di penetrare in nuovi territori: negli Stati Uniti e a Rosario in Argentina, e questo grazie anche alla politica del Prefetto Mori che espulse, di fatto, dall’Italia, moltissimi boss mafiosi. A New York la Mafia ha avuto grandi successi. A Rosario per niente, e le ragioni, paradossalmente, sono da ricercarsi nel ruolo della polizia. In Argentina i poliziotti erano corrotti e le forme di protezione di racket e prostituzione veniva svolta da loro in prima persona. A New York, invece, in quegli anni, il sindaco Gaynor operò una azione di moralizzazione della polizia. I corrotti furono allontanati, e questo lasciò campo libero ai mafiosi che poterono sostituirsi, nella protezione. Il proibizionismo fece poi il resto».

La mafia, sostiene Varese, attecchisce nei momenti di transizione e di apertura del mercato, e questa è anche la situazione alla quale, di fatto pensa Antonio Scurati che in La seconda mezzanotte racconta la post apocalisse, immaginando una Venezia prima distrutta e poi ricostruita, sotto una cupola, da una società cinese, che la trasforma in città di divertimenti, e dove gli indigeni vivono quasi come schiavi, non possono procreare, sono usati come gladiatori. I tempi sono completamenti diversi, si vive in un immaginario 2072, ma la presenza di cinesi non è casuale. «Leggevo - dice Scurati -, che i cinesi hanno deciso che il prossimo decennio sarà dedicato allo sviluppo del patrimonio artistico e culturale della Cina. Questa enorme economia, cioè, si sta inserendo all’interno del mercato del turismo, e questo ingresso avrà un effetto dirompente». E dalla cronaca arriva anche l’alluvione che distrugge la laguna, la città e quasi tutto il Mediterraneo: «Il maremoto giapponese è avvenuto quando il libro era già in stampa, ma già si capiva che poteva essere uno scenario possibile. Io non sono un futurologo, e penso che la futurologia non sia una scienza. Ma sono la letteratura e l’arte che possono e debbono immaginare e parlare di quello che succede e di quello che potrà succedere».