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  Infanzie ritrovate
Troy Nixey e Frederic Schoendoerffer
e le loro ispirazioni cinematografiche
 
 
 09/12/2011 
[videointervista a cura di Leonardo Andreozzi, Nicola Garau e Giuseppe Salerno]

Hanno gli occhi che si illuminano mentre parlano delle loro ispirazioni, Troy Nixey e Frederic Schoendoerffer, registi rispettivamente di Don’t Be Afraid of the Dark e Switch. Entrambi si ispirano a specifici generi cinematografici che hanno segnato le loro infanzie; attraverso i loro film hanno cercato di ricreare le suggestioni che hanno amato sin da piccoli cercando, nel contempo, di dare il proprio personale apporto a una tradizione ben consolidata.

«Tra i 14 e i 25 anni andavo moltissimo a cinema - racconta Schoendoerffer -. Vedevo soprattutto polizieschi. Quando sono diventato regista, ho cercato di ricordarmi che spettatore fossi e, soprattutto, di essere sincero. I lavori che realizzo sono film che sarei andato a vedere quando avevo quindici anni. Non volevo fare un film che facesse paura ma un thriller; il mio fine, dunque, non era creare disagio ma instillare curiosità, instaurando tra spettatore e personaggi un processo di empatia».

Il lavoro del regista francese si è concentrato soprattutto sul personaggio del poliziotto protagonista, interpretato da Eric Cantona. E questa figura potrebbe legarsi ai progetti futuri di Schoendoerffer: «Il personaggio di Damien Forgeat, l’ispettore, non è infallibile, ha dei dubbi, commette errori. Per questo film ho ripreso con la telecamera le prove e le ho guardate con Eric. Volevo che sul set il suo personaggio esistesse già. Non mi stupirei se in futuro creassimo un serial televisivo su Forgeat. Per il momento so che americani e brasiliani stanno pensando a un remake, di cui sarei molto lusingato. Nel frattempo, sto facendo il casting per il mio prossimo film, che si intitolerà 'Crimine organizzato'».

Anche Don’t Be Afraid of the Dark nasconde delle risonanze con la biografia del suo regista, qui alla sua prima esperienza cinematografica. «Leggendo la sceneggiatura - racconta Nixey - mi sono ricordato della mia infanzia; ero un bambino molto sensibile e mi spaventavo facilmente. Avevo una famiglia tranquilla ma ero fatto così, ero sempre sulle spine. Abbiamo viaggiato molto come famiglia, per questo mi sono sentito partecipe della storia di Sally».

In modo analogo a Schoendoerffer, il regista canadese racconta della sua passione per questo genere, sospeso tra avventura e fantasy, e della sua ammirazione nei confronti di Guillermo del Toro, produttore del film: «Ho cominciato lavorando per diciassette anni con i fumetti, ma ho sempre ragionato in termini di immagini in movimento; quando mi sono avvicinato al cinema facendo cortometraggi, ho sentito subito che era la mia strada. Non considero Don’t Be Afraid of the Dark un horror, è piuttosto un film d’azione sulla scia di quelli che si facevano negli anni Ottanta e con i quali sono cresciuto; è un film fantasy piuttosto dark. Quello che mi interessa più di ogni altra cosa, è creare un mondo; credo che la maggior parte degli elementi sviluppati in questo lavoro li porterò con me anche nei prossimi film. Al momento ho un’altra sceneggiatura sui fantasmi su cui sto lavorando; mi sento a mio agio con storie di questo tipo».

«Guillermo - prosegue Nixey - è uno dei miei registi preferiti, ha una immaginazione straordinaria; aveva scritto questa sceneggiatura per se stesso già tredici o quattordici anni fa. Aveva già fatto un film sullo stesso argomento e voleva trovare un regista debuttante che lavorasse con lui. Voleva vedere come avrei interpretato la sua storia. Lui riesce a creare dei personaggi, solitamente bambini, straordinari. Abbiamo discusso molto dei personaggi e le nostre menti probabilmente funzionano in modo simile, perciò nonostante il suo spessore di regista non abbiamo trovato difficoltà. È abbastanza frequente negli Stati Uniti che i grandi registi dirigano principianti».