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Edizione 2012
 
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  Un testo di Giorgio Todde  
 
autore
Giorgio Todde
Una folla mista popola la piazza della Regia Udienza. Nuragici pallidi, con la testa grande, le mani pelose e i femori corti adatti alle salite a chiocciola della città; arabi con zigomi e riccioli che vengono dalle coste africane delle quali hanno una nostalgia di sangue. Appartata, una razza poco numerosa, chiara e civilizzata, addirittura bionda anche se bruciacchiata dal caldo meridionale.
Queste tre razze non si mischiano e ogni sera se ne tornano ai propri quartieri che la legge ha separato con mura e portali in modo da conservare diverse specie rionali che danno l’impronta dei propri geni anche agli abiti, al cibo, alle case e al lavoro.
(Giorgio Todde, Paura e Carne, Frassinelli Maestrale)

Cagliari ha tremila anni. I fondatori scelsero questo sito perché, quaggiù, a novanta miglia dall’Africa, trovarono un golfo sul palmo di un dio, promontori e colli di roccia bianca dove vivere era facile.
Alle origini, i nuragici, artigiani indecifrabili del bronzo e della pietra. Da allora tutto arriva dal mare. I Fenici tracciano le rotte del Mediterraneo e fondano Cagliari. Poi la città diventa Punica e poi romana per molti secoli. è un porto importante. La storia va avanti. I Vandali, Bisanzio e i due evi medi.. L’epoca dei Giudicati. Le invasioni moresche, i Pisani e i Genovesi. Eleonora d’Arborea e il suo nuovo ordinamento, la Carta de Logu . Poi, a lungo, gli spagnoli e la decadenza.
Quindi i Savoia, il Regno di Sardegna e la modernizzazione ottocentesca. Le rivoluzioni europee si sentono anche da queste parti.
Antoine Valery nel 1834 ed Edouard Delessert nel 1854, due francesi originali, arrivano a Cagliari. Fuori dal Grand Tour. Scrivono diari di viaggio e Delessert fotografa la città. Sono le prime immagini della nostra storia.
A Cagliari giungono gli echi del Risorgimento.
Il XX secolo. Antonio Gramsci, il fondatore del partito comunista italiano, fa il suo liceo a Cagliari. Ma la carneficina della Grande Guerra travolge anche l’isola. Pastori e contadini, riuniti nella Brigata Sassari sono mandati a morire sul Carso e Emilio Lussu li racconta in Un anno sull’altipiano. Il fascismo, la tragedia e le macchiette locali sono narrati dallo stesso Lussu, eroe di guerra e antifascista.
Poi la seconda guerra, l’occupazione tedesca senza dolore, i bombardamenti anglo-americani del ‘43 e tanto sangue che spiega l’antiamericanismo degli anziani di oggi.
La città inizia la sua ricostruzione e l’inurbamento è pressante, feroce.
Nasce dalla ricostruzione una nuova classe dirigente insieme ai nuovi brutti quartieri, anni Cinquanta e Sessanta, che la raffigurano. L’edilizia dimentica l’architettura. Impresari e commercianti disegnano la città sulla propria immagine e producono una generazione politica conformata, come un calco di gesso, alla loro visione materiale delle cose.
I cosiddetti intellettuali si rifugiano, nostalgici, in un mondo sognante vicino all’infanzia, lontano dalle azioni e pauroso delle conseguenze.
Ma qualcosa cambia negli ultimi decenni. Si smette di masticare i fiori di loto che danno amnesia. La memoria ritorna nella testa di alcuni. La città si guarda, finalmente si riconosce e vede la propria identità, prima di tutto, nei luoghi...[estratto da «Le Nouvel Observateur».]
 
 
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