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Edizione 2012
 
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  I libri pubblicati in Italia  
 
Pasado perfecto, 1991 (Passato remoto, 1999)
La sparizione di Rafael Morin Rodriguez, dirigente di un’azienda legata al ministero dell’Industria di Cuba ed ex compagno di scuola del tenente Mario Conde, sembra destinata a restare un mistero: l’uomo apparentemente non aveva nemici, non è fuggito con un’amante, non ha tentato di lasciare l’isola. L’indagine è affidata al riluttante Conde, con l’ordine di trovare una veloce risoluzione senza disturbare troppo le alte sfere che Rodriguez era solito frequentare. Ma è proprio lì che le indagini finiscono per concentrarsi, dopo aver portato alla luce alcuni aspetti non proprio limpidi nella carriera del dirigente scomparso. Gli altri protagonisti della storia sono personaggi che ritroviamo negli romanzi successivi del ciclo Le quattro stagioni: Manolo, il sergente che fa coppia con Mario nelle indagini, il Magro, l’amico di infanzia rimasto paralizzato su una sedia a rotelle per un proiettile ricevuto in Angola, la vecchia Josefina, la madre del Magro (che magro più non è), squisita cuoca.

Vientos de cuaresma, 1994 (Venti di Quaresima, 2001)
Nei giorni infernali della primavera cubana, nel periodo di Quaresima, quando L’Avana è battuta dai venti caldi del sud impietosi, il tenente Mario Conde si impegna in una nuova storia torbida, affidatagli dal maggiore Rangel, il capo con cui ha un rapporto di odio-amore e il cui umore è intuibile dalla qualità dei sigari che consuma. La vittima è una giovane professoressa di liceo, di quella stessa scuola che Conde aveva frequentato vent’anni prima. Una ragazza all’apparenza acqua e sapone, ma in realtà fin troppo scaltra e intraprendente. Investigando nella vita della vittima, Conde entra in un mondo in decomposizione, dove l’arrivismo, il traffico di droga e la corruzione rivelano il lato oscuro della società cubana. Parallelamente, il tenente fa la conoscenza di Karin, una donna bella e affascinante, capelli rossi e lunghe gambe, ingegnere che suona il sassofono. Per Conde, che ama il jazz e le belle donne, è amore a prima vista.

Máscaras, 1997 (Maschere, 1997)
Estate 1989. Nella periferia dell’Avana viene scoperto il cadavere di un travestito avvolto in una strana tunica rossa. Le indagini sull’assassinio vengono affidate al disilluso, ma non vinto, tenente Mario Conde che, seguendo le tracce della vittima, finisce col perdersi in un mondo dominato dal travestitismo e dalle maschere, dove nulla è mai ciò che pare essere. Gli omosessuali, in quanto portatori di comportamenti non in linea con l’ortodossia del Partito, hanno sempre avuto vita dura nei regimi comunisti, in particolare verso gli anni Settanta, quando, a seguito di processi sommari, vennero privati del lavoro (molti erano artisti, letterati) e spediti in fabbrica o nei campi, sperando che a contatto con la dura vita e la disciplina, diventassero dei veri uomini. Il co-protagonista del romanzo, il drammaturgo e attore Alberto Marchese, indimenticabile figura intelligente e ironica, è appunto uno di questi perseguitati e sarà il Virgilio atipico che introdurrà il tenente Conde nel mondo dei travestiti cubani. Il morto è infatti, proprio un gay, Alexis Arayàn, che viene trovato strangolato, vestito da donna nel Bosco dell’Avana. Conde, che è anche scrittore fallito, da buon eterosessuale maschilista, esita un po’ ad avventurarsi in questo mondo per lui così alieno e un po’ inquietante. Strada facendo, diverrà però chiaro che il libro non è solo un romanzo sul travestimento fisico del corpo, ma sulle maschere della personalità che portano addosso anche personaggi insospettabili dell’ortodossia ufficiale, i cui vizi possono essere ben più gravi, ma ormai maestri nel salvare le apparenze.

Paisaje de otoño, 1998 (Passaggio d’autunno, 1998)
L’Avana, autunno del 1989. L’ex funzionario governativo Miguel Forcade Mier, da tempo in esilio negli Stati Uniti e da poco tornato a Cuba per visitare la famiglia, viene trovato morto. Il caso è affidato al tenente Mario Conde che farà così conoscenza con l’universo della corruzione amministrativa, con l’inganno e con il tradimento degli ideali rivoluzionari. Intanto un violento uragano – metaforico e reale come tutto in America Latina – si avvicina all’isola, pronto a portare devastazione e lutto. In questo romanzo si preannunciano le dimissioni dalla polizia del tenente che saranno accettate solo a condizione che s’impegni a risolvere quest’ultimo ultimo caso.

La coda del serpente, racconto in La Banda dei Quattro, 2000
Dall’introduzione di Bruno Arpaia: «I romanzi raccolti in questo volume possono essere letti come capitoli di una stessa storia: sono varianti, intense e personalissime, di uno stesso percorso letterario che nasce dalle viscere dell’America Latina». Oltre al racconto di Padura Fuentes, sono presenti Adiós muchachos di Daniel Chavarría, Mato y voy di Rolo Diez, Eroi convocati di Paco Ignacio Taibo II. La coda del serpente racconta un altro caso del tenente Mario Conde, ancora col distintivo. La storia si svolge nel quartiere cinese della capitale cubana e quasi senza accorgersene ci si immerge in un sincretismo culturale che abbraccia tutto il globo: la santeria negra cubana si unisce ai riti religiosi cinesi, il tutto avvolto dal profumo inconfondibile del cibo cantonese.

Adiós, Hemingway, 2001 (Addio Hemingway, 2002)
Il tenente Mario Conde ha lasciato la polizia per dedicarsi alla sua passione di sempre: la scrittura. Ma un temporale estivo che si abbatte su Cuba lo spinge a indossare di nuovo i panni dell’investigatore, questa volta privato. Le piogge hanno danneggiato Finca Vigia, la vecchia dimora habanera di Ernest Hemingway, ora casa-museo, sono volate le tegole del tetto, la balaustra del patio è andata distrutta, e soprattutto è caduto un mango secolare. È lì, tra le radici dell’albero, che la polizia ritrova le ossa di un uomo assassinato molti anni prima, apparentemente ucciso da due colpi di fucile. I sospetti ricadono sul famoso scrittore, nei suoi ultimi anni preda di crisi e manie di persecuzione. Il Conde, che non voleva più saperne di storie di sangue, viene coinvolto nell’indagine da un suo vecchio collega, e non riesce a sottrarsi al compito ingrato sentendosi quasi in dovere di salvare da un’accusa tanto infamante, la memoria del suo mito letterario, per cui ha sempre coltivato un intenso sentimento d’amore e odio.
«Avevo deciso di lasciare in pace Mario Conde, stavo scrivendo una storia diversa, di sapore autobiografico, quando il mio editore brasiliano mi ha chiesto di partecipare a una collana con una strana caratteristica: tutte le storie sono sviluppate intorno alla vita, naturalmente romanzata, di uno scrittore [...]. Hemingway, per me, è da sempre un dilemma. Da ragazzo l’ho letteralmente adorato, ricordo che nella mia stanza avevo un suo ritratto appeso alla parete, poi invece con gli anni ho preso a disprezzarlo, per tutte quelle sue fandonie, per quel machismo narcisistico e insopportabile. In ogni caso, quando ho cominciato a scrivere, era lui che imitavo». (Luciana Sica, Intervista a Leonardo Padura Fuentes, «La Repubblica», 24 ottobre 2002)

La novela de mi vida, 2001 (Il romanzo della mia vita, 2005)
Fernando Terry è un professore universitario cubano espulso dall’isola in seguito a una delazione. Dopo diciotto anni d’esilio in Spagna, decide di tornare un mese all’Avana sulle tracce di un antico manoscritto: Terry spera di ritrovare Il romanzo della mia vita, autobiografia del poeta romantico cubano José María Heredia sul quale sta scrivendo la tesi di dottorato. La narrazione si sviluppa intrecciando tre livelli temporali differenti: la breve, tortuosa esistenza di Heredia (1803-39), costretto a un esilio involontario negli Stati Uniti e in Messico; gli sforzi di suo figlio José de Jesús che si preoccupò di nascondere il romanzo per proteggere la reputazione del padre; e infine la ricerca di asilo politico di Terry.
«Ho scritto un romanzo che si può leggere interamente a partire dal presente, dalla vita di un uomo di oggi, di un cubano che torna all’Avana, e attraverso i suoi sentimenti e i suoi pensieri proietta una luce sulla vita di Heredia – così come la vita di Heredia proietta una luce sulla sua. A questo si aggiunge l’elemento delle carte perdute del poeta romantico che in qualche modo è anche il creatore della nostalgia di Cuba [...] Non c’è un delitto, ma ci sono crimini morali gravissimi: qui il cadavere è rappresentato dall’amicizia tradita che produce il castigo di essere emarginati e la condanna dell’esilio, una spina tra le costole della società cubana». (Luciana Sica, Intervista a Leonardo Padura Fuentes, «La Repubblica», 17 marzo 2005)

Sentieri di Cuba, 2004, in collaborazione con Alex Fleites
Cuba è l'isola della luce e perla dei Caraibi, terra di santeros e ultimo contrafforte di un esperimento sociale senza paragoni, patria della musica più ballata nel mondo e luogo di nascita di scrittori e artisti tra i più importanti del secolo. È una piccola isola con una grande storia, che parte da Cristoforo Colombo e arriva alla rivoluzione di Fidel Castro. Per non accontentarsi dello stereotipo di belle mulatte, rumbe e palme, ci si può avventurare nei Sentieri di Cuba in compagnia di due autori che ne esplorano tutti i percorsi: storia, letteratura, arte, religione, cinema, sport, musica, economia, usanze.

La neblina del ayer, 2005 (La nebbia del passato, 2008)
Sono trascorsi quattordici anni da quando Conde si è dimesso dalla polizia. Nel frattempo Cuba è cambiata e l’ex detective, ora con più anni e più cicatrici, si guadagna da vivere con la compravendita di libri usati. La scoperta di una preziosa biblioteca privata offre un rimedio definitivo alle sue precarie finanze, ma in uno dei volumi rinvenuti, Conde trova la pagina di una rivista del 1960 che annuncia il clamoroso ritiro dalle scene di Violeta del Río, la “Dama della Notte”, un’ammaliante interprete di bolero all’apice della carriera. Attratto dalla bellezza della donna e dalla sua misteriosa scomparsa, Conde si mette sulle sue tracce, risvegliando così un passato turbolento che, come l’inestimabile biblioteca, è rimasto nell’ombra per oltre quarant’anni. Sullo sfondo dell’odierna Avana, ritratta con disincanto in tutte le sue contraddizioni, viene rievocata la “dolce vita” habanera dei cabaret e dei locali notturni degli anni Cinquanta, il languore e l’euforia decadente che hanno segnato l’epoca d’oro del bolero cubano.

El hombre que amaba a los perros, 2009 (L’uomo che amava i cani, 2010)
L'uomo che amava i cani si incentra sull’assassinio di Lev Trotsky in Messico per mano dello spagnolo Ramon Mercader, come ultimo atto di una trama oscura ordita dal regime di Stalin. L’impianto narrativo permette all’autore di alternare tre piani tematici: le peregrinazioni del fuggitivo Trosky e dei suoi famigliari, i complotti dello spionaggio sovietico, e la vita di un giovane cubano che si intreccia a quella dell’assassino. «El Mundo» lo definisce un «Romanzo eccellente, ricco riflessioni sulla condizione umana e del nostro mondo che vanno al di là della pura storia narrata».
«Che l’assassino di Lev Trotzky amasse i cani, e in particolare i levrieri russi, non è un dettaglio secondario nel prossimo romanzo dello scrittore cubano Leonardo Padura Fuentes. Senza di loro si perderebbe l’innesco di un racconto in cui si fondono storia e immaginazione: a cominciare dall’incontro sulla spiaggia cubana di Santa Maria, nel 1977, tra il giovane veterinario Ivan, aspirante scrittore, e il misterioso, anziano proprietario di due esemplari della specie. L’attempato cinofilo si mostra sorprendentemente informato su certi segreti personali di Ramón Mercader del Rio, il catalano che, 37 anni prima, in Messico, aveva assassinato il rivoluzionario russo e aveva perciò scontato vent’anni di carcere senza mai svelare i retroscena del suo delitto e neppure la sua reale identità. Uscito dalla prigione messicana, nel 1960, si era trasferito a Mosca e infine nell’isola di Fidel Castro. Nel 2004 il veterinario cubano, in realtà un alter ego di Padura Fuentes, si ricorda di quelle confidenze e, benché si fosse impegnato al silenzio, inizia a indagare. Ma anche a riflettere sugli “effetti collaterali” dello stalinismo a Cuba. Ivan parla con i medici e i testimoni ancora viventi degli ultimi quattro anni di vita, ancora in incognito, dell’Uomo che amava i cani – titolo del libro, in uscita in Spagna a settembre –, ricostruendo non solo la biografia dell'assassino (morto di cancro nel '78), ma anche i dettagli dell’esilio di Trotzky, dal 1929, l’anno in cui fu espulso dall’Urss, fino al 21 agosto 1940, quando il catalano gli piantò una piccozza nel cranio, nella sua casa-fortezza di Coyoacán. In pochi mesi Ramón Mercader si era conquistato la fiducia della vittima corteggiando una delle sue segretarie, spacciandosi per un giornalista belga, Jacques Mornard, mentendo a tutti, nascondendo le sue aristocratiche origini spagnole e, soprattutto, la militanza di sua madre, Caridad, nei servizi segreti sovietici. Era stata proprio lei ad arruolarlo e ad accompagnarlo nella missione. In Italia L' uomo che amava i cani uscirà l’anno prossimo». (Elisabetta Rosaspina, «Corriere della Sera», 11 agosto 2009)
 
 
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