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  Addio al Dickens di Detroit  
 
 20/08/2013 
Aveva nel suo decalogo per la scrittura come la intendeva lui una regola che ha sempre seguito anche nella vita: 'Eliminare senza scrupoli le parti che il lettore salterebbe'. Ed era così, Elmore Leonard, capace di catturare il pubblico anche con una sola scena delle sue irresistibili storie di perdenti eternamente in viaggio per raggiungere qualcosa di eternamente evanescente. Leonard, il maestro della letteratura americana che ci ha lasciato oggi, 20 agosto, e che noi del Noir ricordiamo con immenso affetto, per essere cresciuti alla scuola dei suoi indimenticabili dialoghi densi di polvere da sparo, sudore e innata innocenza, ma soprattutto per aver avuto il privilegio di incontrarlo a Courmayeur in occasione dell'attribuzione del Premio Raymond Chandler alla carriera, nel 2006. Lì scoprimmo che non solo a leggerlo, ma anche ad ascoltarlo e a stringergli la mano non avresti saltato proprio niente di lui, il grande ironico scrittore che aveva cominciato coi western da quattro soldi ed era finito a sfornare romanzi che Hollywood avrebbe trasformato in pellicole veloci come proiettili, dai titoli ormai mitici: da 'Quel treno per Yuma' (il suo capolavoro) a 'Touch',  'Out of Sight', 'Get Shorty', 'Jackie Brown' o 'Killshot' per citarne solo alcuni. Ma Leonard è un artista dalle mille risorse e mille sorprese, e così nella sua produzione scopri un amore fortissimo per la Storia, specie quella americana ('Tishomingo Blues', 'Hot Kid'), o sconfinamenti geografici inaspettati, come in 'Gibuti', una storia di pirati scritta alla bella età di 80 anni. Con i suoi 45 romanzi (in Italia tutto è pubblicato da Einaudi), stava lavorando al 46mo con la vitalità di sempre, non avendo scrupoli nemmeno con la propria biografia.Ecco il suo decalogo:1. Niente descrizioni ambientali, di solito il lettore passa direttamente ai personaggi.2. Niente prologhi, infastidiscono chi legge.3. Usare il dialogo tra ' e introdurre le battute esclusivamente con “dice”.4. Non accostare nessun avverbio al verbo “dire” (vietato “dice improvvisamente).5. Fare poco uso di esclamativi, la giusta misura è 2 o 3 ogni 100mila parole.6. Non usare l’avverbio “improvvisamente”.7. Utilizzare con misura frasi di gergo, straniere o dialettali.8. Niente descrizioni dettagliate dei personaggi (modello di sinteticità, Hemingway).9. Condensare al massimo luoghi e situazioni per non rallentare il pathos dell’azione.10.Eliminare senza scrupoli le parti che il lettore salterebbe.