Dal cinema al fumetto: andata e ritorno

«Sono un grande appassionato di cinema». Esordisce così Claudio Chiaverotti, sceneggiatore della scuderia Bonelli che dopo aver dato vita a Brendon, cavaliere solitario le cui avventure hanno accompagnato i lettori del fumetto bimestrale per ben diciotto anni, ha presentato nel mese di ottobre un nuovo personaggio, Morgan Lost, ex proprietario di un cinema d’essai con alle spalle un passato traumatico. «Soffre d’insonnia, è daltonico - vede il mondo in bianco, nero e rosso - ed è perso in se stesso, nei suoi traumi e nelle sue ossessioni», racconta Chiaverotti a proposito della sua nuova creatura a fumetti, le cui storie sono piene zeppe di riferimenti cinematografici più o meno espliciti, primo fra tutti quello a Sin City.

«Nel fumetto di Miller - spiega l’autore - il rosso è graffiante, mentre in Morgan Lost serve a raccontare l’ambiente in cui si muove il protagonista. Morgan è un eroe che vive di contraddizioni: la maschera che ha in viso sembrerebbe dargli una connotazione eroica quando in realtà si tratta di un personaggio assolutamente normale, senza super poteri; il simbolo della pace sulla sua cintura, invece, è in netto contrasto con la sua attività di cacciatore di serial killer, che lo rende tutto fuorché un pacifista. Per questo elemento ho tratto spunto da Full Metal Jacket, in cui il marine Jocker indossa un casco con la scritta "Born to kill" e una spilletta della pace sulla divisa…».

Parlando del lavoro di sceneggiatore, Chiaverotti confessa le sue due principali attitudini: «Il mio desiderio è sempre stato quello di raccontare storie, motivo per cui all’inizio del mio percorso desideravo entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia. Poi ho compreso che avrei potuto fare la stessa cosa con le tavole di un fumetto, motivo per cui ho sempre pensato a ognuna delle duecento storie che ho realizzato come allo storyboard di un film che avrei voluto vedere e scrivere. E in questo processo creativo mi piace che il personaggio e la storia crescano con me, che siano sempre in grado di sorprendermi, conducendomi verso direzioni che non avevo inizialmente previsto. Rispetto a un lavoro già pianificato sin dall’inizio questo modo di scrivere necessita di maggiore impegno ma alla fine mi diverte molto di più».

Invece racconta, ridendo, di non divertirsi affatto sul set Javier Ruiz Caldera, regista spagnolo di Anacleto, Agente Secreto, film presentato in concorso nella giornata di giovedì 10. «Quando giro sono molto serio, concentrato su quello che faccio; solitamente mi diverto più al montaggio. Nel caso di questo film, per il quale mi sono rifatto in parte a Indiana Jones e l’ultima crociata, dove troviamo il senso dell’avventura e un rapporto tra padre e figlio simile, l’aspetto più entusiasmante è stata la forte componente action, non molto frequente nelle produzioni spagnole».

In riferimento invece al protagonista, Anacleto, Caldera spiega quali siano le origini di questo insolito eroe: «La fonte d’ispirazione è l’omonimo mitico fumetto degli anni Settanta, di cui da piccolo ero un grande appassionato; proprio per via della vasta popolarità del personaggio, ho percepito una forte responsabilità nell’adattarlo. Per fortuna abbiamo scelto un attore comico estremamente in gamba, Imanol Arias. In tal senso, non sbaglia Woody Allen, e come potrebbe, quando afferma che il cinquanta percento del suo lavoro consiste nella scelta degli attori! Dopodiché abbiamo lavorato sulla figura di un agente segreto ai tempi della crisi economica, in modo da riflettere la situazione della società contemporanea e restare fedeli al fumetto originale, che sin dall’inizio aveva una marcata componente di critica sociale».


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