XXIV edizione
9/14 Dicembre 2014

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Noir e sangue

È il 1955 l’anno in cui, secondo il cultore del giallo Silvio Raffo, il noir ha fatto un balzo, passando da una classicità del genere allo "Psycho Noir", definizione che fa riferimento al celebre film di Hitchcock. Questa è solo una delle tante guide interpretative suggerite da Lo schermo oscuro che, in modo puntuale, entusiastico e personale ripercorre alcuni dei momenti più significativi del genere, cui si affiancano 150 schede in cui pescare a piene mani tra piccoli e grandi cult. Il noir come trionfo del chiaroscuro, dell'ambiguità, dimensione psicologica dove l’esigenza del realismo rappresentativo passa in secondo piano rispetto al dominio delle sensazioni e delle suggestioni. «Un noir - afferma Giorgio Gosetti, che parafrasa le parole di Raffo e si ricollega al libro di Stefano Tura, Tu sei il prossimo -, che è cresciuto proprio grazie alla consapevolezza che le verità che noi scegliamo sono quelle ragionevolmente più probabili ma non quelle assolute, che appartengono alle categorie di giudizio».

Parte da tre celebri film, invece, l’intrigante disamina teorica di Leonardo Gandini, professore associato di Storia e Critica del cinema ed Estetica del cinema presso l'Università di Modena e Reggio Emilia. «Con Bonnie e Clyde, Il mucchio selvaggio e Arancia meccanica la violenza nel cinema viene estetizzata. Nel corso del tempo proseguiranno esempi di questo tipo, come Natural Born Killers e molti dei film di Tarantino. I registi che perseguono questo approccio, vengono spesso accusati di fare un’apologia della violenza, condannati da una critica incapace di stabilire se il regista flirta con la violenza attraverso l’estetica o intende condannarla». Voglio vedere il sangue, così si intitola il saggio di Gandini, si divide in tre macro aree, sguardo, forma e morale, attraverso le quali viene articolata l’idea di fondo del libro, così espressa dall'autore: «La violenza ha un rapporto di forte complicità con lo sguardo, catalizza un'attenzione percettiva; se così non fosse, i cinema sarebbero pieni di film incentrati su missioni umanitarie. Questo è il punto su cui dovremmo interrogarci».