XXIII edizione
10/15 Dicembre 2013

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Quando c’era Franco
non c’erano delitti


di Paco Camarasa

Il dibattito tradizionale intorno al romanzo poliziesco, la contrapposizione tra il giallo classico o whodunit, e il romanzo noir, più critico, più realistico, più sociale, durante la lunga dittatura franchista non c’era. Nella Spagna di Franco la pace e la sicurezza erano garantite, erano la regola. Il popolo spagnolo viveva grato e felice, stando alla propaganda del regime, anche se pativa fame e miseria, stando alla realtà. Non c’erano delitti, o c’erano soltanto quelli commessi dai "sovversivi", gli sconfitti della guerra civile. E dietro a questi c’erano naturalmente la "cospirazione giudeo-massonica" e il marxismo internazionale.
Non c’erano nemmeno le pagine di cronaca sui giornali. Nessun giornalista si occupava di cronaca nera. L’unico riferimento era la nota diffusa ogni sera dalla Direzione Generale della Sicurezza, che elencava i fatti del giorno: una vecchietta investita dal tram, un bimbo smarrito. Solo negli anni Cinquanta fu finalmente autorizzata la pubblicazione di un settimanale di fatti di cronaca, El Caso. Ma con dei limiti. Per esempio, non poteva riportare due delitti di sangue in una stessa settimana. E una donna assassinata non era mai mezza nuda, ma mezza vestita.
Per le strade della Spagna di Franco regnava la felicità. E se veniva commesso un delitto, la polizia franchista era lì, pronta a risolvere velocemente il caso. La polizia franchista era composta dalla Brigada de Investigación Criminal e dalla Brigada Político-social. Identicamente "efficaci". Non usavano il metodo deduttivo, né quello induttivo. Per risolvere qualsiasi caso, erano molto più funzionali, più risolutivi, la tortura sistematica, i pestaggi, la paura. Se Kennedy fosse stato assassinato in Spagna, il caso sarebbe stato risolto in pochi giorni.
In quel contesto, la censura autorizzava a scrivere soltanto gli stessi poliziotti, come Tomas Gil Llamas, oppure scrittori vicini al Regime. E naturalmente vincevano sempre le forze dell’ordine, paladini della legge contro delinquenti depravati avidi di sesso e di sangue, sempre atei.
D’altra parte, non era possibile nemmeno tradurre libri pubblicati all’estero. La situazione economica del paese in generale e del settore dell’editoria in particolare rendeva impossibile l’acquisto dei diritti editoriali, non c’erano soldi per pagare anticipi, né per importare le edizioni argentine. Per il Messico il divieto era assoluto, a causa del sostegno agli esuli repubblicani.
Ma non tutti gli scrittori avevano potuto o voluto andare in esilio. Molti di loro, soggetti a rappresaglie, non potendo più lavorare come insegnanti o giornalisti, si rifugiarono in quello che è stato poi chiamato l’esilio interno.
Negli anni Cinquanta, parallelamente alla timida nascita di una cinematografia di genere poliziesco, cominciano a prendere piede progetti di editoria popolare. Per esempio, El Caso, uno dei settimanali più venduti, con il suo stile di stampo sensazionalista, e i suoi vistosi titoli scandalistici, la cui lettura si diceva fosse l’unica cosa condivisa da cameriere e padrone, portinaie e signore borghesi. Compaiono i libri tascabili. Piccoli romanzi, formato in ottavo, tra le 90 e le 130 pagine. Carta povera e copertine sgargianti.
La televisione era ancora ininfluente, e si diffonderà nelle case soltanto a metà degli anni Sessanta, e alla radio non credeva nessuno (molti continuavano a chiamare il giornale radio "el parte", il bollettino, come ai tempi della guerra); quindi il rifugio del tempo libero erano questi "romanzetti da edicola". Spesso non si comperavano, ma piuttosto si prendevano a nolo o si scambiavano. Le finanze delle famiglie non consentivano di comperare nemmeno questi tascabili.
Tra i romanzi da edicola, i generi di maggior successo erano tre: Corín Tellado e il romanzo rosa per le donne, e per gli uomini, il western e il poliziesco o di spionaggio.
Ma i polizieschi dovevano essere ambientati all’estero. Mafie, criminalità organizzata in Spagna? Impossibile. In nessun paese al mondo si viveva bene come in Spagna. Chi ci criticava lo faceva solo per invidia. E quindi i romanzi e i loro autori dovevano avere collocazione e nomi stranieri.
Fu così che il grande González Ledesma rimase uno sconosciuto per molti anni, anche se tutti leggevano Silver Kane. Antonio Vera, Gallardo, Debrigode e altri, cambiarono nome e si chiamarono, tra molti altri pseudonimi, Lou C. Carrigan, Curtis Garland o Peter Debry.
Condannati a una sorta di morte civile e non potendo lavorare in condizioni normali, trovarono un rifugio da Bruguera e altre case editrici. Molto lavoro pagato male. Anche se, come ha detto González Ledesma, questo fu per loro un "apprendistato da cani". Dovevano consegnare un testo a settimana, con scadenza indifferibile, e inventarsi una storia che catturasse l’interesse del lettore dalla prima riga. Vincevano sempre i buoni, i giustizieri, e perdevano i cattivi, i tiranni e i malvagi. Parlavano di libertà, anche se la libertà si trovava a New York o a Londra.
Ci fu qualche tentativo di avvicinamento del genere alla creazione letteraria. Nel 1953, Mario Lacruz, diventato in seguito un grande editore, pubblicò El Inocente, un romanzo poliziesco senza una collocazione geografica precisa. In Catalogna, Manuel de Pedrolo parla di rapine e rapinatori in Es vessa una sang fácil, nel 1953. E Rafael Tasis pubblica i suoi polizieschi in catalano, ma dall’esilio, a Parigi.
A metà degli anni Sessanta si comincia a pubblicare in Spagna traduzioni di Hammett e Chandler, e si prova a costruire un personaggio poliziesco. Ma siamo nella dittatura franchista, e ci sono dei limiti: Plinio è un poliziotto, ma locale, municipale, di un paesino rurale, che risolve piccoli misteri nella sua piccola comunità.
Ma le cose in Spagna poco a poco cambiano. La polizia è sempre prepotente e impune. Alla fine degli anni Sessanta buttano da una finestra lo studente Enrique Ruano, e viene dichiarato lo stato d’emergenza (all’interno di quello stato d’emergenza permanente che era la dittatura franchista), ma la voglia di libertà cresce. Voglia di leggere, di vedere un altro cinema e un altro teatro, di parlare, di passeggiare di notte senza paura.
Arrivano gli anni Settanta e, proprio all’inizio del decennio, due autori fondamentali: Manuel Vázquez Montalbán e Jaume Fuster. Non sono soltanto scrittori, la loro attività di intellettuali è vasta e apprezzata. Nel 1972 Jaume Fuster pubblica, in catalano, De mica en mica s’omple la pica, e Manuel Vázquez Montalbán, pubblica Tatuaggio, in cui Pepe Carvalho è già il detective che, diciannove libri dopo, diventerà immortale.
I due condividono l’idea di utilizzare un genere popolare come il romanzo noir o poliziesco per spiegare quello che la censura ancora non permette di spiegare sui giornali. Passano dal romanzo noir per fare luce sul lato oscuro del franchismo in decomposizione. Per questo i loro personaggi sono investigatori privati. È impossibile, impensabile, immaginare un poliziotto onesto nella lunga notte franchista.
Franco muore il 20 Novembre 1975 (quel giorno ci fu il massimo consumo di champagne di tutta la storia della Spagna), ma non si può dimenticare che soltanto due mesi prima aveva firmato ancora cinque condanne a morte. Cinque antifranchisti morirono fucilati.
Nel 1977 ci furono le prime elezioni democratiche in Spagna. Per il nostro genere, la libertà arrivò accompagnata da un’abbondante varietà di autori, personaggi e città. E da traduzioni, che venivano a riempire un grande vuoto. Finalmente si poteva parlare di tutto, e denunciare i soliti, i potenti.
Ma non avevamo ancora protagonisti che fossero poliziotti. Nei lettori era viva la memoria della paura e della repressione. Abbiamo dovuto aspettare la metà degli anni Novanta perché Alicia Giménez Bartlett ci proponesse una poliziotta credibile e Lorenzo Silva degli accettabili guardias civiles.
Con Franco non c’erano romanzi noir né romanzi polizieschi. Franco, i suoi seguaci e i suoi sicari, di quelle storie erano loro stessi protagonisti. In quei lunghi anni, purtroppo, la realtà superava la finzione.

Traduzione simultanea di: Carla Bellucci